Le grotte
Le grotte del Monte di Tiriolo sono note nella letteratura paletnologica calabrese sin dal 1878, allorché Domenico Lovisato, noto geologo e mineralista istriano, le citò per la prima volta in relazione alle sue ricerche tese a reperire nel sottosuolo della regione tracce di frequentazioni umane preistoriche. Le cavità più importanti tra quelle ad andamento sub-orizzontale sono la Grotta della Cozzetta e la Grotta di Re Nilio, sviluppate entrambe alcune decine di metri; quella più profonda invece, nota come Meandri del Fico, possiede un dislivello negativo di 109 metri e necessita di essere attrezzata con corde per essere discesa. Caratteristica comune a tutte le cavità del monte è la loro genesi tettonica: è stato osservato, infatti, come tutte le grotte attualmente note si originino attraverso marcate fratture nella roccia, testimonianza di antichi eventi sismici. Forti correnti d’aria fredda o calda (a seconda dell’ora della giornata) caratterizzano ciascuna cavità censita.
Sebbene le grotte non abbiano permesso finora di riconoscere alcuna traccia di antica presenza antropica al loro interno, dalle aree di superficie in prossimità degli ingressi provengono strumenti e manufatti che lasciano intuire un’intensa presenza dell’uomo preistorico sul monte. Utensili in selce e ossidiana, insieme ad accettine e pestelli in pietra levigata, sono oggi conservati nel locale Antiquarium Comunale e rappresentano una traccia importante del più antico popolamento del territorio.